L’“Ebraismo metafisico” di Emil Cioran. La figura del filosofo ne L’ombra in esilio di Norman Manea
DOI:
https://doi.org/10.6093/547-2121/12319Parole chiave:
Emil Cioran, Norman Manea, L’Ombra in esilio, Vladimir Jankélévitch, Amos Oz, Fania Oz-SalzbergerAbstract
A partire dagli studi di Vladimir Jankélévitch, di Amoz Oz e Fania Oz-Salzberger sulla definizione impossibile di cosa sia un ebreo, questo studio si propone di analizzare l’espressione di Emil Cioran, con cui egli si definisce un “ebreo metafisico”. Tale definizione viene causticamente messa in discussione da Norman Manea, come si vede dalla discussione che hanno i personaggi del suo romanzo, L’ombra in esilio. Sebbene Cioran non fosse ebreo, la sua esplorazione della sofferenza, del dubbio, della fede e dell’alienazione lo avvicina ai grandi pensatori ebrei che si sono confrontati con questioni simili nel corso dei secoli. La figura del filosofo, presente nelle discussioni di alcuni personaggi di Manea sul tema dell’esilio, rappresenta l’incertezza sottesa ad una soggettività segnata dalla perpetua condizione di sradicamento. L’ebraismo, inteso come eterno senso di emarginazione e di impossibilità di trovare un posto nel mondo dove mettere radici, costituisce così un fondamentale punto di convergenza tra Cioran e la sua condizione di apolide. Verranno quindi illustrate le ragioni per cui Cioran può essere considerato un “figlio adottivo” dell’ebraismo.